Il decreto rilancio contiene quello che è stato definito il “superbonus”, prevedendo detrazioni fino al 110% dell’importo speso. Vediamo brevemente di cosa si tratta e quali sono le novità di questo provvedimento rispetto agli incentivi fiscali esistenti.

A mio parere, meccanismi e pratiche incentivanti hanno la caratteristica di prestarsi benissimo a slogan pubblicitari al grido di “adesso puoi ristrutturare la casa a costo zero, anzi ci guadagni pure” mentre appaiono di difficile comprensione nel momento in cui ci si chiede: “ok, come faccio a metterlo in pratica?”.

È fondamentale ribadire un concetto alla base di tutti i tipi di incentivo, ovvero: gli incentivi non consistono in denaro che si riceve o ci viene rimborsato a seguito dell’esecuzione di determinati lavori o all’acquisto di determinati apparecchi, bensì sono soldi che NON dovremmo pagare nel momento in cui presenteremo la dichiarazione dei redditi. Questo meccanismo non è chiaro proprio a tutti. Lo Stato dice: caro contribuente, devi pagare una certa somma di denaro sotto forma di versamenti IRPEF? Bene, visto che ad esempio hai ristrutturato casa, puoi togliere una certa percentuale di quello che hai speso, dalle tue tasse per i prossimi 10 anni. Minore sarà il nostro IRPEF, minore sarà l’ammontare dell’incentivo ricevuto.

Con l’ultimo decreto sono state apportare alcune novità che integrano i precedenti incentivi in ambiti particolari:

  • Interventi di efficienza energetica specifici (salto di classe energetica dimostrato)
  • Interventi di riduzione del rischio sismico (anche qui occorre analisi pre e post operam per certificare il salto di classe)
  • Installazione di impianti fotovoltaici
  • Installazione di infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici

Per queste tipologie di intervento si potranno ottenere detrazioni fiscali pari al 110% ovvero per un importo maggiore di quello speso, da spalmare nei successivi 5 anni di dichiarazione fiscale. Dato che i lavori previsti dall’incentivo non sono proprio banali ed economici da realizzare, (pensiamo ad un cappotto termico per un condominio o ad opere di consolidamento strutturale) la capienza IRPEF del privato difficilmente sarebbe sufficiente a bilanciare quanto speso, per questo è stata prevista la possibilità di cedere il proprio credito all’impresa che farà i lavori.

La novità grande sta nel fatto che l’impresa potrà a sua volta cedere questo credito ad una banca, cosa che non era assolutamente consentita in precedenza. Immagino che la detrazione del 110% sia stata pensata proprio in questa ottica: la banca potrà scegliere ad esempio di comprare lo sgravio fiscale dell’impresa (ceduto a questa dal privato) e ad esempio liquidarlo per una cifra pari al 105% mantenendo per sé un guadagno del 5%. Il privato potrà vedersi effettuare uno sconto in fattura pari all’esatto importo dei lavori da parte dell’impresa che eseguirà le opere, dal momento che quest’ultima potrà godere dello sgravio fiscale che le è stato ceduto (e sarà necessariamente uno sgravio da IRPEF verso IRES).

Questo meccanismo è chiaro sulla carta ma ancora non sappiamo come metterlo in pratica: non sono ancora stati pubblicati i provvedimenti attuativi che regoleranno le modalità con le quali il gioco della cessione del credito potrà essere svolto. Occorre conoscere anche le modalità con le quali le parti si accorderanno sui vari passaggi di cessione, sulle possibili garanzie che ad esempio vorranno gli istituti bancari, sui dati da comunicare per istruire la pratica, sulla gestione di ripartizione di quote diverse nel caso di più fornitori d’opera.

Per quanto detto, l’incentivo appare un provvedimento rivolto a grandi competitor, non ce la vedo la sig.ra Maria che cede il proprio credito alla Pippo srl!

In attesa che si incominci a lavorare sfruttando questa nuova opportunità, a mio parere è possibile fare alcune riflessioni:

nel momento in cui l’incentivo fiscale diventa un meccanismo capace di generare utile (il 10% in più dovrà rimanere in tasca a qualcuno del resto) non si corre il rischio che i lavori alla fine vengano a costare più di quello che realmente sarebbe senza sgravio? Maggiore è l’importo delle opere e maggiore sarà il 10% di tali opere.

I lavori possono durare mesi, o anche anni: cosa accade nel momento in cui gli accordi tra committente ed appaltatore saltano? La banca ad esempio comprerebbe il credito di imposta dalla ditta solo a stati di avanzamento lavori? Certificati e stabiliti da chi?

Per quanto riguarda le imprese, quanta capienza fiscale dovranno avere per far fronte ad esempio a numerose commesse l’anno? Considerando anche che la capienza fiscale di una impresa potrebbe non essere costante per tutti gli anni.

Insomma, vediamo cosa accadrà nelle prossime settimane.

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